n.704: “Unsettled: What Climate Science Tells Us, What It Doesn’t, and Why It Matters” by Steven E. Koonin

Con l’uscita del primo contributo dell’AR6 dell’IPCC, riemerge puntuale una letteratura di commento, accolta da quotidiani e blog (anche italiani), che ne ridimensiona i contenuti, in nome della c.d. opzione «Carbon Free Soft» o “decarbonizzazione soft”.Questa opzione trova accoglimento nel libro del fisico statunitense Steven E. Koonin, sotto riportato.La posizione di Koonin si basa su tre assunti, uno di carattere esclusivamente politico e gli altri due di natura scientifica:- l’assunto politico consiste nell’obbligo di non farsi travolgere dall’allarmismo, per poi assumere decisioni politiche frettolose ed economicamente dannose, soprattutto per i costi a carico delle aziende (a partire da quelle direttamente legale al fossile);- i due assunti scientifici, invece, riguardano l’incertezza della scienza climatica e delle sue conclusioni e la stima non attendibile o pienamente verificabile – a suo avviso – degli impatti del cambiamento del clima.Conviene ricordare che i tre assunti replicano uno scenario comunicativo ben noto sin dai tempi delle campagne “pro sigarette” dove, in nome dell’incertezza sui danni da fumo, si invitavano le persone a “non allarmarsi” e continuare a fumare (ossia a mantenere in piedi l’economia del fumo e le sue aziende).Nel caso di Koonin, tuttavia, si deve notare che i tre assunti non negano il fenomeno del riscaldamento globale e dei suoi impatti sul clima e sugli ecosistemi. Molto semplicemente ne contestano la proiezione temporale di previsione negativa soprattutto a breve termine, ridimensionando, in questo modo, la loro rappresentazione in termini di emergenza climatica. In definitiva, secondo Koonin, non saremmo in emergenza climatica e dovremmo stare più tranquilli (ma non si sa fino a quando).Di qui, il favore per l’opzione c.d. “soft” della decarbonizzazione: bisogna decarbonizzare – anche perché il pesante livello di inquinamento determinato dai fossili non è confutato da nessuno; ma farlo in modo graduale, puntando soprattutto sulla c.d. prospettiva “carbon free” del “bilanciamento” fra le emissioni residue prodotte dall’attività umana e gli espedienti per rimuovere l’anidride carbonica immessa nell’atmosfera.A parte la considerazione che il c.d. “bilanciamento carbon free” non esiste in natura, in quanto non è possibile mantenere a zero, per sempre e ovunque, il rapporto tra i due fattori di emissione e di cattura (per una banale ragione di dissipazione), i tre assunti di Koonin peccano di fallacia e di ignoranza giuridica.Risultano fallaci, in quanto essi omettono l’inquadramento della struttura complessa del sistema climatico, contraddistinta almeno da tre elementi: la sensibilità alle condizioni iniziali, che in certi casi porta a una impredicibilità del suo stato futuro; il fatto che, per l’intero sistema climatico, non vale il c.d. “principio di sovrapposizione” (ossia la figurazione della causalità come “somma” di fattori, per cui, per esempio, l’effetto finale di due cause non sarebbe altro che la somma degli effetti prodotti da ciascuna causa presa singolarmente); la presenza di retroazioni (feedback), cioè il fatto che esistono catene circolari causa-effetto, in cui l’ultimo effetto della catena va a influenzare la causa prima da cui è partita la catena stessa, modificandola.Poiché queste tre acquisizioni scientifiche non sono confutate, ma semplicemente omesse, è evidente che, omettendole, si possa inferire di tutto e parlare tranquillamente di “incertezza” come se si stesse discutendo di una qualsiasi realtà settoriale della Terra (ma il sistema climatico è planetario) e di una qualsiasi linearità spazio-temporale della causalità per “sovrapposizione” (come se la variazione climatica fosse composta solo di una causa e un effetto).Questa fallacia evidenzia poi l’ignoranza giuridica delle tesi di Koonin. Il diritto climatico, a partire dall’UNFCCC, disconosce la legittimità degli approcci alla Koonin; e lo fa esplicitamente a tutela della presente e delle future generazioni. In pratica, lo fa per prevenzione e precauzione (come si legge nell’art. 3 dell’UNFCCC).La complessità convive ontologicamente con l’incertezza, altrimenti non si parlerebbe neppure di complessità ma di linearità o banalità. L’incertezza della complessità, però, è un dato positivo: in pratica, non significa “non conosciamo tutti i nessi causali e quindi non dobbiamo avere fretta” (come vorrebbe Koonin ragionando secondo “principio di sovrapposizione”); vuol dire l’esatto contrario: “non conosciamo tutti i nessi causali perché sappiamo che il sistema è complesso e allora conviene essere prudenti, in nome della vita e delle generazioni future”.Piaccia o meno, questo ordito è tradotto in un vincolo legale accolto da tutti gli Stati e fonda un “principio di peso” (ossia di priorità di opzioni) che non è più negoziabile.Di conseguenza, pretermetterlo o addirittura negarlo è semplicemente illegale oltre che fallace; come illegale e fallace risulterebbe il discorso di chi, sostenendo che sussistono incertezze nella causalità penale dell’omicidio, ma pur riconoscendo l’esistenza del fenomeno degli omicidi, concludesse che non sia conveniente indagare sulla condotta su chi causa la morte altrui per porvi rimedio e prevenirne il ripetersi. E il fenomeno “omicidio” (dove il “principio di sovrapposizione” è sufficiente per conoscerne gli elementi determinanti) non è certo complesso quanto il fenomeno “cambiamento climatico” (dove il “principio di sovrapposizione” non è sufficiente per conoscerne gli elementi determinanti).I discorsi di “convenienza” (alla Koonin) sono banditi dal diritto climatico, in forza di una previa opzione condivisa “pro vita” (come dal diritto penale sono banditi i discorsi di convenienza sul non perseguimento degli omicidi e la non prevenzione, per una previa opzione condivisa “pro vita”). E l’opzione condivisa “pro vita” si traduce in un “principio di peso” (di “priorità”) nelle opzioni perseguibili.Non a caso, su questo “principio di peso” si fonda proprio la formula matematica dell’emergenza climatica di Lenton et al., del 2019, anch’essa non confutata da Koonin semplicemente perché ignorata. Tra l’altro, la formula di Lenton et al. smonta totalmente le rassicuranti conclusioni di Koonin: conviene non agire con urgenza, sapendo che il riscaldamento globale è in corso e di non avere tutte le certezze sul futuro, per la complessità del sistema, ma così esponendo a pericoloso rischio la vita e le generazioni future?Chi di noi uscirebbe la sera, sapendo che nei dintorni si aggira un serial killer per il quale, in nome dell’incertezza sugli omicidi pur riconosciuti esistenti, ci viene detto di “stare tranquilli” e che non c’è alcuna “emergenza killer”? Chi di noi non direbbe: “fate in fretta nel fermare il killer”? In verità, Koonin risponde implicitamente alla domanda sottesa alla formula dell’emergenza climatica di Lenton et al.; e risponde con un “si, conviene non avere fretta”, ma conviene per l’economia aziendale delle grandi imprese climalteranti (del resto, la logica “carbon free” riguarda prima di tutto loro e i loro costi), non per la vita di tutti (compresi gli esseri umani che compongono le imprese) e le generazioni future (e i loro costi).

https://www.barnesandnoble.com/w/unsettled-steven-e-koonin/1137483249

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