n. 17 I primi studi sulla “Climate Change Litigation” si riscontrano negli USA e risalgono alla fine degli anni novanta del secolo scorso, quando si inizia a discutere del nesso tra disciplina del c.d.”Toxic Tort”.
Questa premessa è importante per intendere il passaggio normativo dell’Accordo di Parigi del 2015 sul clima, nella parte in cui il cambiamento climatico è rubricato come “preoccupazione” della comunità umana, prima ancora che come “diritto” leso o “danno” già prodotto. E diventa ancora più significativo e carico di implicazioni giuridiche e costituzionali (si pensi al nesso tra art. 32 e art. 41 Cost. italiana), dopo il Report 2018 IPCC, in cui il “pericolo” climatico da “preoccupazione” è tradotto in “certezza” a partire dalla data scientificamente più che probabile (il 2030) di c.d. “punto di non ritorno” sulla effettiva efficacia di misure tardive di mitigazione e adattamento. Di conseguenza, il tema del danno da “paura ambientale” (in qualche modo assimilabile alla figura del “Toxic Tort” anglo-americano) recupera rilevante attualità nei contesti di Civil Law, proprio grazie all’Accordo di Parigi e in conseguenza del Report 2018 dell’IPCC.