18/06: Canada dichiara emergenza climatica

L’emergenza climatica nazionale è stata dichiarata sulla scorta di un report scientifico che segnalava per il Canada un trend di surriscaldamento doppio rispetto alla media mondiale

(Rinnovabili.it) – Il Canada dichiara l’emergenza climatica nazionale: la mozione presentata alla Camera dei Comuni dal Ministro dell’Ambiente e del Cambiamento climatico, Catherine McKenna (Partito liberale del Canada, lo stesso del premier Justin Trudeau), chiede al Governo canadese di fare tutto ciò che è nelle proprie disponibilità per raggiungere gli obiettivi fissati con gli Accordi di Parigi.

La mozione è stata approvata nella tarda serata di lunedì con 186 voti favorevoli e 63 contrari, riscuotendo consenso in schieramenti trasversali della Camera: “La scienza ha dimostrato che il Canada si sta scaldando al doppio della velocità rispetto alla media globale e che dobbiamo fare di tutto per raggiungere gli obiettivi che ci siamo fissati – ha scritto in un post sulla propria pagina Facebook, McKenna – Per questo votiamo la mozione ed è per queste ragioni che il Canada si sta già attivando”.

L’allarme cui si riferisce il Ministro dell’Ambiente canadese proviene da uno studio scientifico redatto da oltre 40 ricercatori e pubblicato lo scorso aprile dall’Environment and Climate Change Canada: secondo lo studio, gli effetti del riscaldamento climatico in Canada sono a tutti gli effetti irreversibili ed è probabile che i cittadini canadesi soffriranno nell’immediato futuro per ondate di calore 10 volte più pericolose che in altre zone del mondo e di piogge e tempeste almeno due volte più violente se non verranno adottate immediate misure per contenere le emissioni di gas serra.
La mozione approvata lunedì descrive il cambiamento climatico come “una crisi reale e urgente, guidata dall’attività dell’uomo, che colpisce l’ambiente, la biodiversità, la salute e l’economia del Canada”.

Il primo ministro Justin Trudeau e i leader dei due maggiori partiti canadesi, il Conservatore Andrew Scheer e il segretario del Nuovo Partito Democratico, Jagmeet Singh, non erano presenti al dibattito e all’approvazione della mozione nella Camera dei Comuni. Un’assenza pesante, sottolineata dalla leader dei Verdi, Elizabeth May, unica guida di partito presente in aula. Trudeau, Scheer e Singh si trovavano in quelle ore a Toronto, per la parata in onore dei Toronto Raptors, neo campioni NBA.

La posizione del carismatico premier sta facendo particolarmente discutere oltreoceano: il sostegno di Trudeau a politiche ambientaliste ed ecologiste sta crescendo negli ultimi anni di mandato (tra 4 mesi il Canada dovrebbe andare a nuove elezioni presidenziali) e le iniziative a sostegno dell’ambiente si stanno moltiplicando sotto la spinta dell’opinione pubblica. Ne è un esempio il recente annuncio di un prossimo bando della plastica monouso, sulla scorta di quanto fatto a marzo dall’Unione europea, dato dallo stesso Trudeau.

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D’Orsogna: «Canada, Trudeau dichiara l’emergenza climatica poi approva mega-oleodotto»

«Eccolo qui, il nostro “eroe”: Justin Trudeau annuncia l’emergenza climatica nel suo paese e il giorno dopo… approva un nuovo mega oleodotto, che certo peggiorera’ l’emergenza climatica!» scrive la D’Orsogna sul suo blog personale . D’obbligo la premessa: «il Canada non riuscira’ ad adiempiere ai suoi obiettivi ambientali a causa delle fortissime emissioni di CO2 dalla sua industria petrolifera».

«Le cose partono con il ministro dell’ambiente e dei cambiamenti climatici del Canada, Catherine McKenna. In Canada hanno pure il ministro dei cambiamenti climatici… – commenta D’Orsogna – McKenna propone una mozione affinche’ i cambiamenti climatici siano definiti come una crisi vera ed urgente, causata dall’attivita’ umana e con la richiesta al governo di tagliare le emissioni di CO2 con priorita’. Justin Trudeau firma. Il giorno dopo un’altra firma: ma questa volta per approvare l’estensione del Trans Mountain Pipeline (TMX). Come e’ possibile? Ovviamente c’e’ una scusante per tutto, e il nostro amico Justin ci ha ben pensato: dice infatti che le due cose sono compatibili. Il suo mandato elettorale e’ di far crescere l’economia e la classe media, e allo stesso tempo combattere i cambiamenti climatici. E questo per lui e’ rappresentato dalle due firme che faranno si che udite udite, i profitti che arriveranno dall’oleodotto saranno usati per programmi di transizione verso l’energia rinnovabile».

«Mi devo trattenere dal ridere e dal piangere assieme – prosegue D’Orsogna – Il bello e’ che qualcuno gli ha pure creduto. La panzana e’ che il petrolio portera’ circa $500 milioni di dollari l’anno, una volta completo l’oleodotto, per il quale ci saranno numerose prescrizioni e per cui saranno interpellate 129 comunita’ di indigeni, dove l’oleodotto dovra’ passare. I lavori inizieranno verso la fine del 2019. Il nuovo oleodotto consentirà il trasporto di 890,000 barili di bitume al giorno dall’Alberta verso la costa ovest del Canada. Prima erano solo 300,000 barili. Saranno quasi tutti destinati al mercato cinese o americano».

«Intanto gli indigeni della British Columbia, non ne vogliono sapere di questo oleodotto: Will George capo della comunita’ Tsleil Waututh dice che vi si opporranno con tutte le loro forze – prosegue la fisica e docente che oggi vive negli Stati Uniti – Altri numeri invece dicono che il Canada emette 79 megatonnellate di gas serra in piu’ rispetto agli obiettivi che il paese stesso si è posto per il 2030, una quantita’ notevole dovuta in gran parte alle operazioni di petrolio e di gas, l’elefante nella stanza. Ovviamente Trudeau e’ un politico e si e’ fatto bene i suoi conti perche’ pensa che il poter sbandierare “posti di lavoro” lo aiutera’ in campagna elettorale. Il Canada infatti si appresta a tornare alle urne, e Justin Trudeau cerca un secondo mandato. L”oleodotto inzialmente era della Kinder Morgan, che pero’ non ne voleva piu’ sapere per le troppe regolamentazioni e per i troppi ritardi. Ecco allora che subentra il governo di Justin Trudeau che mira a farlo costruire, e poi a venderlo a terzi».

«Il nostro amico e’ recidivo: aveva gia’ approvato tutto a novembre 2016, ma nell’estate del 2018 un tribunale aveva bocciato tutto dicendo che il governo non aveva consultato le comunita’ indigente e che non era stato considerato il trafficao marino e i suoi effetti sulle balene – aggiunge D’Orsogna – Il governo allora fa un altro studio: dicono che si, purtroppo ci sara’ aumento della mortalita’ delle balene, ma che .. non importa! Balene o non balene, l’oleodotto s’ha da fare. E poi, per farli contenti, certo, interpelleranno le comunita’ dei First Nations, e useranno lo stato dell’arte per evitare loro problemi – rumore, inquinamento, perdite. E’ come dire: vendiamo sigarette per combattere il cancro».

di Terra Nuova
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